Pedagogia

Gioco destrutturato e creatività

Manuela

Il gioco destrutturato , è un approccio ludico che promuove in modo significativo la creatività e l’immaginazione dei bambini, poiché non prevede obiettivi predefiniti o regole rigide, ma incoraggia l’esplorazione libera di materiali versatili per creare mondi e storie. 

Il materiale destrutturato incoraggia il bambino a pensare in modo divergente e a trovare soluzioni originali. Senza istruzioni predefinite, il bambino è libero di inventare giochi e storie, trasformando un semplice bastoncino in una spada o in una bacchetta magica, o una scatola di cartone in una casa o in una nave spaziale. Questo processo di immaginazione aiuta a sviluppare la creatività e l’abilità di problem-solving.

 Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, ha dedicato gran parte delle sue riflessioni al rapporto tra gioco e atto creativo, ponendo entrambi in diretta relazione con le fondamentali esperienze a cui il bambino va incontro nei suoi primi giorni di vita.

Alla nascita, il lattante vive uno stato di fusione totale con la realtà esterna, non ha consapevolezza di essa ed è dunque totalmente dipendente dalle cure materne, delle quali non ha alcuna nozione e verso le quali non può operare alcun controllo.  

Successivamente, la madre deve gradualmente far sì che il bambino si emancipi dallo stato di fusione con essa e concepisca l’esistenza di un “non-me”. Per compiere questo viaggio il bambino si serve appunto di quelli che Winnicott chiama “oggetti transizionali”, ad indicare oggetti particolari, come ad esempio una copertina o un pezzo di stoffa o un pupazzo, che rappresentano “la transizione del bambino da uno stato di essere fuso con la madre ad uno stato di essere in rapporto con la madre come qualcosa di esterno e separato” .

L’oggetto transizionale non appartiene né alla realtà interna né al mondo esterno e viene a dare forma a quell’area di illusione che congiungeva madre e bambino. 

Quest’area intermedia tra la dimensione soggettiva e la dimensione oggettiva, resa possibile per il bambino dalla “bontà” delle cure materne e a lui necessaria per iniziare il proprio rapporto con se stesso e con il mondo, rappresenta quella stessa “illusione che nella vita adulta è parte intrinseca dell’arte e della religione” e il territorio dove hanno origine il vivere creativo che si manifesta, dapprima, nel gioco, e successivamente nella vita culturale.

‌L’uso che il bambino fa del suo oggetto transizionale, rappresenta infatti, per Winnicott, il “primo uso che fa il bambino di un simbolo” e la sua “prima esperienza di gioco” . Il gioco, dunque, risiede in questa stessa area transizionale, che è in contrasto sia con l’interno che con l’esterno: “in questa area di gioco il bambino raccoglie oggetti o fenomeni dal mondo esterno e li usa al servizio di qualche elemento che deriva dalla realtà interna o personale.

Il gioco è, per Winnicott, sempre un’esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità, “grazie alla sospensione del giudizio di verità sul mondo, a una tregua dal faticoso e doloroso processo di distinzione tra sé, i propri desideri, e la realtà, le sue frustrazioni” . In questo modo, attraverso un atteggiamento ludico verso il mondo, e solo qui, in questa terza area neutra e intermedia tra il soggettivo e l’oggettivo, può comparire l’atto creativo, che permette al soggetto di trovare se stesso e di essere a contatto con il nucleo del proprio Sé.

La creatività secondo Winnicott è invece costituita dalla “maniera che ha l’individuo di incontrarsi con la realtà esterna”: essa “è universale, appartiene al fatto di essere vivi” .

 La creatività non può essere mai del tutto annullata, tuttavia può restare nascosta e questo viene a determinare la differenza tra il “vivere creativamente e il semplice vivere” .

L’intera vita culturale dell’essere umano origina anch’essa nello spazio potenziale che congiungeva originariamente madre e bambino e si pone in una posizione di diretta continuità con il giocare in modo creativo.

 Afferma Winnicott: “l’esperienza culturale comincia con il vivere in modo creativo, ciò che in primo luogo si manifesta nel gioco” .

Dice Winnicott: “se la madre è in grado di fornire le condizioni opportune, ogni dettaglio della vita del bambino è un esempio di vivere creativo.”

Data l’opportunità il bambino comincia a vivere creativamente, e ad usare oggetti reali, per essere creativo in essi e con essi. Se al bambino non viene data questa opportunità allora non vi è alcun territorio in cui il bambino possa avere gioco o possa fare l’esperienza culturale: ne deriva che non si stabilisce alcun legame con l’eredità culturale, e non vi sarà alcun contributo al patrimonio culturale. Il “bambino in carenza” è notoriamente irrequieto ed incapace di giocare, ed ha un impoverimento della capacità di fare esperienze nel campo culturale”. 

Se il bambino può godere, nel momento in cui la madre inizia a separarsi da lui, di cure sensibili da parte della stessa, avrà un’area di gioco immensa, una sterminata distesa di illusione da riempire, durante tutta la sua vita, con il gioco creativo che porterà poi alla esperienza culturale. Giocare è “una maniera particolare di agire, una maniera di trattare la realtà in forma soggettiva” , è possibilità unica di essere creativi, ossia di utilizzare l’intero potenziale della propria personalità, di venire a contatto col proprio vero Sé, di compiere con consapevolezza il viaggio della vita, senza mai adattarsi passivamente ad essa.

La creatività è uno stato di vitalità esistenziale, comune ad ogni essere umano, sia esso bambino o adolescente o adulto, ed è per questo che meravigliosamente, per Winnicott, il gioco, intendendo con esso un atteggiamento ludico e creativo verso il mondo, non ha età.

Il bambino e l’adulto, che vivono creativamente, giocano entrambi, riempiendo con i prodotti della propria immaginazione e con l’uso dei simboli, lo spazio tra sé e l’ambiente ; il gioco del bambino e la vita culturale dell’adulto nascono nella stessa area e allo sviluppo di quest’ultima è legato il loro stesso destino o, meglio, la loro qualità.

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